16ª Quadriennale d’arte

Altri tempi, altri miti

Torna dopo otto anni la Quadriennale d’Arte al Palazzo delle Esposizioni nell’autunno-inverno 2016 con il titolo “Altri tempi, altri miti”. La mostra si colloca in una grande tradizione storica, rivitalizzata con formule di produzione innovative e pratiche espositive non convenzionali per perseguire con maggiore efficacia il proprio mandato: proporre una mappatura delle arti visive contemporanee in Italia.

 

Focus

Un evento imperdibile per gli amanti dell’arte e per chi è interessato alle tendenze della cultura contemporanea.

La 16a Quadriennale presenta 99 artisti e 150 opere per una mappatura delle produzioni artistiche in Italia dopo il 2000. La visita della mostra è un viaggio negli immaginari della nostra epoca, di cui propone una narrazione a più voci, affidata a undici tra i migliori talenti curatoriali del nostro Paese. Un viaggio stimolante, di cui gli spettatori possono decidere l’itinerario scegliendo da quale delle dieci sezioni espositive partire.

Ciascuna sezione della mostra approfondisce un tema, un’attitudine, un’atmosfera di inizio Duemila, con un flusso di rimandi che il pubblico potrà cogliere nel corso della visita in un crescendo di suggestioni. Questo perché la Quadriennale non è una mostra a tesi, ma un’esperienza coinvolgente che invita gli spettatori a creare proprie “nuvole di tag” per provare a decifrare i caratteri del nostro tempo.

Diverse sono le chiavi di lettura che emergono dalle sezioni espositive. Come la tentazione di vivere slow, lontano dalle grandi città, anche se in una dimensione iperconnessa come l’attuale che spesso però ci sfugge di mano. Oppure il coraggio di dire “no” per uscire dagli schemi o mettere in discussione modelli precostituiti. E ancora: il senso della comunità, delle relazioni interpersonali. Il work in progress, la dialettica come metodo di avvicinamento alla realtà. La ricerca di nuovi spazi dove ripensare le regole del nostro vivere. Il riuso dei materiali come pratica di rigenerazione. La straordinaria ricchezza dei nostri sguardi quando chiudiamo gli occhi, in un altrove in cui ci è possibile costruire nuove relazioni di senso. Senza mai perdere di vista, però, i grandi temi connessi alla cosa pubblica.

 

I numeri

Due i soggetti promotori e organizzatori. Undici curatori per dieci sezioni espositive, selezionati da una giuria esterna di cinque esperti interdisciplinari. Novantanove artisti. Centocinquanta opere, di cui sessanta nuove, le altre quasi tutte realizzate negli ultimi due anni. Un calendario di eventi collaterali diffusi nella Capitale sul contemporaneo italiano, al quale hanno già aderito venticinque realtà tra musei, fondazioni, gallerie private, tuttora aperto. Una giuria internazionale di direttori museali. Un roadshow all’estero con prime tappe la Biennale di Berlino e Art Basel. Un budget di due milioni di euro, di cui metà autofinanziati.

Sono questi i numeri con i quali riparte la Quadriennale d’arte, l’unica esposizione istituzionale dedicata al contemporaneo italiano, grazie a un piano di rilancio voluto dal Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, Dario Franceschini, e caratterizzato da una forte impronta innovativa impressa dal Presidente della Fondazione La Quadriennale di Roma, Franco Bernabè.

La mostra è una coproduzione della Fondazione La Quadriennale di Roma e dell’Azienda Speciale Palaexpo. I due partner promotori e organizzatori hanno individuato insieme i principali obiettivi di questa edizione: contribuire in maniera significativa a individuare e a valorizzare le espressioni più rilevanti dell’arte italiana dopo il Duemila, dare voce a una pluralità di linguaggi e sprigionare le potenzialità delle nuove generazioni. Un obiettivo non secondario sarà quello di promuovere la conoscenza dell’arte contemporanea italiana nelle scuole attraverso un’intensa attività didattica.

 

I curatori

La 16a Quadriennale conferma la tradizione di affidare a una pluralità di curatori lo sguardo sul presente artistico, ma introduce nuove metodologie di costruzione della mostra.

La principale novità ha riguardato proprio la metodologia di selezione dei curatori, che ha impegnato oltre sei mesi di tempo. Una Call for project di ampio spettro a livello nazionale, sottoposta al vaglio di una giuria esternainterdisciplinare, ha sostituito la tradizionale commissione curatoriale nominata dal Consiglio di Amministrazione.

La Call, bandita agli inizi di settembre 2015, è stata rivolta a 69 curatori che hanno esordito e si sono affermati dopo il Duemila, con un profilo generazionale quindi vicino a quello della maggior parte degli artisti partecipanti. La scelta di affidare la 16a Quadriennale a curatori perlopiù 30-40 enni è stata accompagnata dalla decisione di coinvolgere nella comunicazione visiva, nel catalogo e nella documentazione realtà produttive che sono nate negli anni Zero per far emergere con maggiore coerenza la cifra estetica con la quale si è aperto il nuovo millennio.

I curatori sono stati selezionati non soltanto sulla base del curriculum, ma soprattutto a partire dall’analisi di progetti espositivi elaborati appositamente per la 16a Quadriennale.

A fine gennaio 2016, la giuria composta dallo scrittore Marco Belpoliti, dall’architetto Nicola Di Battista, dalla storica dell’arte Mariagrazia Messina, dall’artista Giuseppe Penone, dal critico d’arte Angela Vettese, ha selezionato, tra i 38 progetti ricevuti, i seguenti curatori: Simone Ciglia e Luigia Lonardelli, Michele D’Aurizio, Luigi Fassi, Simone Frangi, Luca Lo Pinto, Matteo Lucchetti, Marta Papini, Cristiana Perrella, Domenico Quaranta, Denis Viva.

Ciascuno di loro ha avuto diversi percorsi formativi e professionali, ma tutti hanno già avuto modo di incidere sul dibattito culturale contemporaneo, non solo in Italia.

La scelta si è orientata verso le proposte che sono parse meglio restituire nel loro insieme una visione della ricchezza espressiva dell’arte italiana degli ultimi quindici anni, offrendo anche un punto di vista significativo sui riferimenti culturali e sul processo di formazione degli artisti e dei curatori italiani delle ultime generazioni.

 

 

Concept

La 16a Quadriennale si focalizza sulle arti visive in Italia post Duemila sotto l’insegna del titolo Altri tempi, altri miti. Ogni epoca conosce simboli e narrazioni che pervadono l’immaginario e plasmano i comportamenti individuali e collettivi. Anche gli anni Duemila non si sottraggono a questa

dinamica, ma il titolo della 16a Quadriennale assume una specifica connotazione.

Altri tempi, altri miti un’espressione che i curatori della mostra hanno preso a prestito dallo scrittore Pier Vittorio Tondelli (1955-1991), per condensare i presupposti contenutistici e strutturali di questa edizione. Tondelli la utilizza nel sommario della raccolta Un weekend postmoderno. Cronache dagli anni Ottanta, pubblicata nel 1990 e considerata da molti un’opera cult per le generazioni figlie di quel periodo. La raccolta offre una narrazione per frammenti dell’Italia, una vertiginosa sarabanda di viaggi attraverso la penisola, di cui sono colte le vibrazioni più nascoste così come i caratteri manifesti.

Analogamente, la 16a Quadriennale è concepita come una mappatura mutevole delle produzioni artistiche e culturali dell’Italia contemporanea ed è articolata in dieci sezioni espositive, ognuna delle quali approfondisce un tema, un metodo, un’attitudine, una genealogia che connota quelle produzioni. Nelle parole dei curatori: 

“Gli approfondimenti proposti nelle dieci sezioni della mostra sono percorsi dalla tensione generata dal confronto tra le narrazioni istituzionalizzate dell’arte italiana del passato e lo sguardo a un presente in via di definizione, che appunto non è possibile qualificare se non come altro. La differenza emerge quindi come la condizione inevitabile sulla quale questa edizione della Quadriennale si edifica e diventa lo strumento di lettura offerto allo spettatore, invitato quindi a interpretare le sezioni espositive come incarnazioni di discorsi artistico-culturali in dialogo con il passato attraverso strategie di rilettura critica, innovazione e superamento”.

Ogni sezione della 16a Quadriennale è affidata a un curatore (in un caso a due) e propone ipotesi interpretative della nostra cultura visiva contemporanea in relazione con il contesto internazionale, traducendole con soluzioni di scrittura e dispositivi allestitivi estremamente diversificati.

Simone Ciglia e Luigia Lonardelli in I would prefernot to/Preferirei di no presentano una selezione di autori esemplificativi di un’attitudine diffusa del fare arte oggi, riconducibile a un sottrarsi, a un resistere a codificazioni identitarie. Michele D’Aurizio con Ehi, voi! propone la ritrattistica come linguaggio tramite cui attraversare le vicende più recenti della nostra arte, per la sua capacità di esprimere una commistione tra sfera individuale e sfera sociale. Luigi Fassi con La democrazia in America invita ad approfondire alcuni aspetti della storia dell’Italia contemporanea attraverso una rilettura del pensiero di Tocqueville. Simone Frangi in Orestiade italiana volge lo sguardo al contesto del nostro Paese nei suoi versanti culturale, politico, economico, con  una riscrittura analogica e corale di alcuni nuclei di un lavoro filmico di Pasolini. Luca Lo Pinto in A occhi chiusi, gli occhi sono straordinariamente aperti sonda i temi del tempo, dell’identità, della memoria, letti in continua metamorfosi all’interno della relazione tra il singolo e la collettività. Matteo Lucchetti in De Rerum Rurale pone al centro dell’attenzione la ruralità come spazio reale e speculativo nel quale descrivere e re-immaginare il sistema di relazioni tra ambiente naturale e antropizzato, anche nella sua profondità storica. Marta Papini in Lo stato delle cose propone un impianto in progress nel quale la rotazione di artisti molto diversi instaura uno spazio dialettico tra le singole ricerche e tra queste e il pubblico. Cristiana Perrella in La seconda volta individua un nucleo di autori accomunati da un interesse per l’uso di materiali densi di storie già vissute che reinterpretano in insospettabili combinazioni, secondo una poetica della trasformazione. Domenico Quaranta con Cyphoria analizza l’impatto dei media digitali su vari aspetti della vita, dell’esperienza, dell’immaginazione e del racconto. Denis Viva in Periferiche individua nel policentrismo un’originale condizione strutturale del nostro territorio che permea anche la nostra cultura visiva.

Saranno esposte le opere di 99 artisti, gran parte dei quali si sono affermati negli anni Duemila. Accanto a questi, compaiono alcuni autori di generazioni antecedenti, ma ritenuti germinativi di alcune delle ricerche  espressive più interessanti oggi in atto. Il percorso espositivo non si struttura in un itinerario predeterminato. Il visitatore – a partire dalla centrale Rotonda che durante la mostra sarà animata da performance, incontri, proiezioni che sono parte integrante dei progetti espositivi di molti curatori – è lasciato libero di iniziare la propria esperienza di visita da una qualsiasi delle dieci sale espositive.

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